Non è certamente facile raccontare del proprio padre e non cadere nel luogo comune e scontato dell'amore incondizionato di una figlia. Ed è difficile scindere il ricordo dell'uomo professionista dal padre, figura di riferimento per tutta la famiglia, ma certamente per me l'uomo che mi ha dato da sempre l'indicazione della strada da percorrere, senza avere troppi timori e paura di sbagliare. La luce che ha illuminato la nostra vita, che ad oggi manca in ogni momento della giornata. Padre premuroso, marito amorevole, amico leale. Sono solo alcuni dei pregi di Severino Garofano, uomo dalla personalità brillante e piena di estro, dal sorriso contagioso e avvolgente, dalla simpatia e humor disarmante. Uomo di grande saggezza e dallo sguardo lungimirante, andava oltre le apparenze e sapeva sempre come gestire le situazioni, anche quelle più delicate. Faceva tesoro delle tante esperienze vissute, guardava i più grandi di lui per imparare il più possibile, non solo nel lavoro ma anche come uomo. Sapeva ascoltare e si fidava di chi aveva più esperienza di lui. Conosceva bene cos'era il sacrificio, quali erano le difficoltà dei tempi post bellici, cresciuto in una famiglia modesta in un paesino dell'Irpinia in periodi certamente non facili, dove il benessere era dato dalla terra e dal lavoro agricolo, dove il sapore delle semplici cose guadagnate con fatica e parsimonia rendeva la vita contadina un vero lusso. Tutto questo lo ha certamente formato nel tempo e reso un ragazzo prima e poi un uomo dalla nobiltà d'animo, non solo coraggioso e testardo ma soprattutto consapevole delle sue scelte, con quel giusto pizzico di incoscienza che l'avrà aiutato in tanti momenti, anche ad ambientarsi in un luogo nuovo e lontano. Ho iniziato a conoscere il valore professionale di mio padre realmente solo in età adulta, quando ho avuto la fortuna di lavorare al suo fianco. Quando nasco lui ha quarantadue anni e alle spalle una ventina già di anni densi di avvenimenti lavorativi dove ha messo in cantiere tanti progetti che lo hanno portato in giro per il mondo, lontano dalla famiglia in molti casi ma noi venivamo prima di tutto, lui c'era comunque, nonostante gli innumerevoli impegni e viaggi. Era la qualità del tempo passato insieme che dava il giusto senso a tutto, e il suo lavoro non era certamente motivo di mancanza per noi. Molto del suo lavoro dei primi anni, quando non ero ancora nata o ero troppo piccola per capire, lo so tramite i suoi racconti, o quello che ancora oggi sono i ricordi dei suoi amici e colleghi. Poi ho iniziato a stare al suo fianco e vedere da vicino il suo mondo dove creava i vini, fatto di assaggi, analisi, progetti, scelte dei nomi e creazioni grafiche, studio, approfondimento, scritti e pubblicazioni. Ogni sua impresa era frutto di impegno ma anche di molti impulsi creativi e geniali. Amava leggere e scrivere. Scriveva tanto e non si stancava mai di imparare e apprendere. Convegni, degustazioni, lezioni, incontri, era un continuo prepararsi per dare un suo personale contributo alla diffusione della cultura del vino, alla maggiore conoscenza dei vitigni, dei territori, di una storia millenaria e antica che lo aveva tanto affascinato durante i suoi studi in enologia. Diplomatosi ad Avellino alla Scuola Enologica, dopo un percorso di studio scelto quasi per caso, con il vino però da sempre nel sangue grazie al nonno paterno Severino che con le sue piante di Aglianico lo aveva abituato a "camminare le vigne" fin da bambino, oltre ad averne ereditato il nome. Un giorno di settembre del 1957 prende un treno direzione sud, Puglia, Sandonaci. Aveva appena ventuno anni. Racconta di un lungo viaggio con sentimenti contrastanti, malinconia per aver lasciato i suoi familiari, ma anche l'entusiasmo per un nuova vita seppur lontano dalla terra natia. Il paesaggio visto dal finestrino del treno cambia colori e contorni man mano che si lascia dietro le dolci colline dell'Irpinia, fino a diventare completamente piano e brullo. Ma quando intravede distese di vigneti e ulivi un po' si rincuora, poi gli stabilimenti vinicoli lungo la ferrovia e quelle giganti cisterne pronte per viaggiare nel mondo lo incuriosiscono. Arriva a Sandonaci per iniziare il suo percorso di agronomo e poi enologo, in giornate che storicamente rimangono le tristi pagine della guerra del vino, ma non tarda ad ambientarsi in un luogo dove la vita contadina rende nobile l'animo di ogni viticoltore. Si appassiona al Negroamaro e il suo primo incontro è proprio con il Rosato. Ne rimane quasi folgorato e decide che il Salento diventerà la sua terra di adozione, dove mettere radici. Infatti si innamora di una dolce fanciulla e anche lì colpo di fulmine per entrambi, si sposano in pochi mesi e progettano il loro futuro dove il vino è sempre il motore di tutto, passione e dedizione, ma la famiglia al centro di ogni decisione, scegliendo Copertino come loro dimora. In ogni suo progetto di vita ha avuto sempre tanta caparbietà ed entusiasmo, gran carattere direi, stimolando non solo il suo ingegno ma anche quello di chi lo affiancava. E' stato un viaggio dalle mille meraviglie quello che ci ha regalato, lasciandoci un'eredità che va oltre le cose materiali, una visione del mondo che si basa su valori sani e sinceri. Ci ha insegnato l'onestà, l'umiltà e il rispetto per gli altri, a sognare in grande ma sempre con i piedi per terra, a non arrendersi agli ostacoli della vita. E a fare di una passione il proprio lavoro, amando a dismisura la terra che ci ha dato le origini e dove abbiamo deciso come figli di continuare a seminare il nostro fiore più bello. Siamo i custodi del suo ricordo, e sentiamo il dovere di far conoscere alle nuove generazioni il suo cammino e il suo modesto contributo al rinnovamento enologico di un Sud per tanti anni "sonnolento" e poco incline alla cultura della bottiglia. Renata Garofano